I colori delle stelle

I colori della luce e il suo spettro

La luce emessa da una qualsiasi sorgente luminosa – come il Sole, una lampada, la fiamma di una candela – è costituita da un insieme di colori. Una dimostrazione semplice e immediata è costituita dall’arcobaleno che osserviamo in cielo dopo la pioggia. Esso, infatti, è generato dalla scomposizione, o dispersione, della luce solare nei suoi colori fondamentali. Per osservare questa caratteristica della luce, abbiamo bisogno di un elemento in grado di disperdere la luce, proprio come fanno le goccioline d’acqua in atmosfera quando sono attraversate dalla luce solare che si scompone per formare un bellissimo arcobaleno! Bisogna, perciò, munirsi di un prisma o di un reticolo di dispersione in grado discomporre una sorgente policromatica, come il sole, in una sequenza di colori che va dal viola al rosso passando per il verde e il giallo. Ciò avviene poichè la luce, attraversando il prisma, subisce una deviazione che dipende dalla sua lunghezza d’onda (o energia): più è piccola la lunghezza d’onda associata al colore (o similmente, più è alta l’energia E=hv), più viene deviata. Per questo motivo il viola viene deviato più del rosso. Questo ci permette di definire lo “spettro della luce” non solo come una sequenza di colori, ma anche di lunghezze d’onda emesse da una data sorgente luminosa.

Spettro

Lo spettro continuo e la temperatura di colore

Cosa accade quando scaldiamo un metallo? E’ una risposta che conosciamo dato che lo abbiamo fatto almeno un migliaio di volte nella vita accendendo una lampada (alogena/a filamento). La corrente elettrica che passa attraverso il filamento metallico, lo riscalda fino a farlo diventare incandescente ed esso emette luce. Se potessimo dosare il calore fornito ad un qualsiasi pezzo di metallo per variare la sua temperatura, ci accorgeremmo che esso, a temperatura più bassa, appare di colore rossastro e debolmente luminoso. A temperature più alte appare decisamente luminoso e di colore giallo/bianco, fino ad apparire estremamente luminoso, e di colore bianco/ azzurro, ad elevatissime temperature. Osservando il comportamento dei corpi con la temperatura, i fisici hanno dedotto che essi, brillando, emettono uno spettro continuo la cui intensità relativa dei diversi colori cambia al variare della temperatura. Un discorso analogo si può proporre per spiegare la relazione colore-temperatura delle Stelle, anche se esse sono costituite da gas ad altissima densità estremamente caldi. Si può, infatti, affermare che una Stella molto luminosa e azzurra ha una superficie più calda di una rossa e poco luminosa. Questo fenomeno è modellizzato attraverso il corpo nero e descritto analiticamente dalla legge di Planck. Tale legge correla lo spettro di radiazione emesso dal un corpo nero a diverse temperature come mostrato in figura.

Le curve mostrano un massimo di emissione a diverse lunghezze d’onda, in particolare in corrispondenza del blu, o del giallo oppure del rosso in funzione della temperatura decrescente. Servendoci di questa legge e partendo dall’assunto che il modello del corpo nero descrive molto bene il comportamento della Stella,, possiamo provare a determinare la temperatura della superficie della Stella. Consideriamo due curve di emissione di una sorgente e indichiamo su ciascuna i punti relativi all’emissione nel blu e nel giallo. Il rapporto blu/giallo delle relative intensità emesse a queste due lunghezze d’onda, è diverso per ciascuna delle due curve considerate. Dalla curva di Planck in figura si deduce che ad un rapporto blu/giallo più alto, corrisponde una temperatura più alta. Possiamo, quindi, valutare la temperatura di una Stella misurando l’intensità dello spettro di emissione a due diverse lunghezze d’onda. La temperatura misurata con questo metodo si chiama temperatura di colore

lo spettro a righe di emissione e di assorbimento

Gli spettri di emissione di un gas dipendono dalla densità. Un gas ad altissima densità, emette uno spettro continuo. Un gas a bassa densità, invece, si comporta in maniera diversa: esso emetterà luce a lunghezze d’onda ben definite. Per spiegare la relazione tra colore e temperatura, abbiamo definito la stella come un gas ad altissima densità, quindi il suo spettro di emissione si presenta continuo (lo spettro continuo è attribuito alla zona altamente densa della Fotosfera). In realtà, se si studia in modo più fine lo spettro di una stella, si possono notare delle righe nere di assorbimento che solcano lo spettro continuo (righe discrete). Queste linee di assorbimento, dette righe di Fraunhofer, sono dovute alla presenza del gas meno denso che caratterizza l’atmosfera stellare in una zona meno densa della Fotosfera detta strato invertente. La radiazione emessa dalla fotosfera (molto densa) è caratterizzata da uno spettro continuo; man mano che si propaga oltre, incontra una atmosfera più rarefatta (meno densa – strato invertente) dove il gas ha la capacità di assorbire lunghezze d’onda ben specifiche. Le lunghezze d’onda dipendono dalla chimica degli atomi presenti in quanto ne costituiscono una sorta di carta di identità.

Spectrum: gas ad alta densità che emette uno spettro continuo sulla Fotosfera stellare.

Emission line: gas a bassa densità che emette luce a lunghezze d’onda ben definite.

Spectrum with absorption line: nell’atmosfera stellare, in prossimità della Cromosfera, il gas rarefatto ha la capacità di assorbire lunghezze d’onda ben specifiche.

Emission lines dell’idrogeno riconoscibile dalle righe di Balmer definite come H-α, H-β, H-γ, H-δ, H-ε,H-ζ, H-η (ultime due ultraviolette non visibili nello spettro a lato) di lunghezza d’onda rispettivamente 6563 A, 4861 A, 4341 A, 4102 A, 3970 A, 3889 A.

Le righe spettrali

Alle righe di assorbimento presenti nello spettro della Stella, sono associate delle energie ben precise e questa mutua associazione ci consente di studiare la composizione chimica della fotosfera stellare. I primi studi condotti sul Sole dimostrarono che le righe di assorbimento osservate erano riconducibili ad elementi noti come l’Idrogeno, il Calcio, il Ferro ed altri elementi. Grazie a queste prime conferme, nel XIX nacque il primo schema dettagliato di classificazione spettrale ad opera di Padre Secchi. Ma il lavoro più importante fu svolto negli anni che vanno dal 1877 al 1919 presso l’Harvard College Observatory dove furono studiate migliaia di stelle e fu ideata la classificazione ancora oggi in uso e nota con le lettere O, B, A, F, G, K, M (classificazione di Miss Cannon). La sequenza è tale per cui si passa da stelle che mostrano poche righe di assorbimento, a stelle che ne mostrano molte e spesso associate alla comparsa di bande. Successivamente si provò che la stessa suddivisione era anche una classificazione di temperatura decrescente come schematizzato nell’immagine che segue.

Osservando tale immagine, sembrerebbe che nella prima classe spettrale(O) e nelle ultime due (la K e la M), non ci sia sufficiente idrogeno a rendersi visibile con le classiche righe di Balmer. Anzi, sembrerebbe che al suo posto ci siano altri elementi come il Calcio o il Ferro. In realtà non è così! Ci sono delle temperature, e quindi delle energie, per le quali alcuni elementi mostrano un’emissione più efficiente tanto da comparire nello spettro di assorbimento n maniera più marcata di altri. Nelle Stelle di classe M, ad esempio, pur essendoci tantissimo idrogeno, sono molto evidenti le bande di assorbimento delle molecole di TiO2 perchè, la “bassa” temperatura (inferiore a 4000 K) ne consente la formazione.

La classificazione moderna, oltre a definire in maniera grossolana l’intervallo di temperatura secondo le lettere O, B, A, F, G, K, M, lo precisa ancora meglio affiancando ad ogni lettera i numeri che vanno da 0 a 9. Nella classe G, ad esempio, il range di temperatura va da circa 6000 gradi Kelvin della classe G0 a circa 5200 gradi Kelvin della classe G9. Con questa differenziazione, il nostro Sole è classificato come G2 e lo pone tra le stelle con una temperatura di circa 5780 gradi K.

Quando si analizzano gli spettri delle stelle, oltre alla classe spettrale, si valuta anche la larghezza delle righe di assorbimento che cambia per i diversi tipi di stelle appartenenti alla stessa classe spettrale. La larghezza di una linea spettrale dipende dalla pressione del gas che la produce, e grazie a questa caratteristica si riesce a capire quale è la dimensione della stella in esame. Il principio si basa sul fatto che una stella compatta, detta nana, come ad esempio il nostro Sole, ha in superficie un gas più denso rispetto a quello che ci aspettiamo in stelle più dilatate dette giganti. Da misure condotte in laboratorio sappiamo infatti che un gas compresso produce linee spettrali più larghe di uno rarefatto, quindi usiamo questa caratteristica delle linee per distinguere le stelle con gas compresso (le nane), classificate col numero romano “V”, da quelle con superfici più rarefatte (le giganti) che vengono classificate col numero “III”.
Questo tipo di classificazione più fine è anche una classificazione di luminosità in quanto una stella nana, a causa della minore superficie, è tipicamente meno luminosa di una stella gigante o supergigante (quest’ultima indicata dal numero romano “I”). Un rapido riscontro lo si può intuire dalla larghezza delle righe Hγ, Hδ e Hε riportate nell’immagine successiva.

La spettroscopia

Avendo un’idea di ciò che succede ai corpi caldi e quindi alle nostre Stelle, possiamo fare i primi passi da cityzen scientist e servirci della spettroscopia per indagare diversi aspetti in campo astronomico. La spettroscopia, infatti, è lo strumento che rende possibile monitorare l’evoluzione temporale degli spettri di emissione e di assorbimento dei corpi celesti, dai quali si possono ricavare importantissime informazioni come la composizione chimica, la temperatura, la densità, la luminosità, la velocità del gas in espansione o misure di redshift. Lo spettrometro è lo strumento che ci consente di disperdere la luce nelle sue lunghezze d’onda fondamentali partendo da quelle deboli sorgenti puntiformi che quasi sempre non sono visibili ad occhio nudo: le Stelle. Lo studio condotto grazie all’uso di uno spettroscopio a bassa risoluzione (R~600), può consentire di ottenere numerose informazioni di questi stupefacenti oggetti Celesti. Di seguito una possibile lista/obiettivi

Adattamento della curva di temperatura al profilo spettrale della stella Iota Leo F3V

Identificazione delle linee di assorbimento principali,  valutazione della nomenclatura e stima della temperatura di una stella

Dopo aver completato i passaggi per l’estrazione di un profilo spettrale, si possono valutare le righe di assorbimento che variano a seconda delle classi spettrali; dalle righe He II, He I, C III, N III, O III, Si IV, tipiche nella classe O, passando per le marcatissime righe di Balmer nelle classi B ed A, alle righe Ca II, Mg I, Fe I della classe G, fino ad arrivare alla classe M con le evidenti bande di assorbimento del TiO. Ricorrendo all’utilizzo di un software, poi, si può adattare la curva di Plank con il nostro profilo spettrale per stimare la temperatura.

Diagramma di flusso per la determinazione approssimativa della classe spettrale. Lectures from University of Freiburg i.B. [56] and University of Jena

Acquisizione di spettri su scala temporale per valutare le evoluzioni degli spettri delle seguenti sorgenti:

  • Stelle O – Stelle massicce e molto calde che mostrano righe di emissione dell’ HeII
  • Stelle P Cygni – Stelle anche esse molto calde conosciute come “Luminous Blue Variables” (LBV) caratterizzate da un vento stellare genera emissioni dell’H o dell’He caratterizzate dal classico profilo P-Cygni
  • Stelle Be – Stelle di classe spettrale O, B o A che hanno mostrato almeno una volta emissioni di una o più righe di Balmer
  • RR Lyrae – Stelle in cui la fusione nucleare converte l’He in C e O e sono soggette a pulsazioni alle quali corrisponde una variazioni di luminosità 
  • Stelle Mira – Sono stelle di classe M le quali, al massimo della loro luminosità, mostrano righe di Balmer in emissione che generalmente hanno un’intensità crescente passando dall’H-alpha all’H-delta.
  • Stelle T Tauri – Stelle molto giovani in corso di evoluzioni e sono circondate da un disco di polveri e gas responsabili delle righe emissive
  • Nebulose planetarie – Suggestive nell’identificazione delle righe relative agli elementi che la propria stella ha espulso in una fase della sua vita
  • Stelle Simbiotiche – Stelle binarie composte da una nana bianca che accresce gas intorno a sé strappandolo alla sua compagna, una gigante fredda. In questi sistemi il materiale accresciuto sulla nana bianca viene bruciato mediante reazioni nucleari che la rendono estremamente calda e luminosa tanto da possedere energia sufficiente a generare processi di ionizzazione del gas che continuamente proviene dalla sua compagna gigante, generando uno spettro caratterizzato da righe di emissione.
  • Stelle Novae – Generate dall’esplosione termonucleare dello strato esterno di gas accumulato sulla nana bianca di un sistema binario. L’incremento di luminosità può raggiunge velocemente le 8 magnitudini
  • Supernovae – Tra gli eventi più energetici dell’ Universo, la supernova è il fenomeno che segna la fine di una stella 
  • Quasar e Seyfert sono galassie con nuclei attivi i cui spettri mostrano righe in emissione con un forte spostamento verso il rosso (redshift) consistente per misure a bassa risoluzione della velocità di recessione
  • Comete – Evoluzione e studio dei suoi composti

Stima della velocità di espansione del gas con la misura del redshift per effetto doppler

Le stelle Novae in fase di esplosione eiettano gas che si espande con una velocità altissime. Nel caso della V659 Sct la velocità di espansione ha raggiunto circa 2180 km/s  nei primi giorni del Novembre 2019


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